02 maggio 2023 FLEE
METTI UNA SERA AL CINEMA 33
FLEE
FLEE – regia di Jonas Poher Rasmussen
Genere ANIMAZIONE - durata 89 minuti
Amin Nawabi è un accademico danese trentenne di origine afghana. Facendo ricorso all'animazione, il film segue la sua vita nel presente - la relazione col fidanzato, l'ambizione professionale, la difficoltà ad avere una vita stabile - e ascolta dalla sua voce il passato a lungo taciuto: l'infanzia in Afghanistan nel 1984, l'arresto del padre, la guerra civile dopo la ritirata dell'Urss, la fuga a Mosca nei primi anni '90 con madre, fratello e due sorelle, un viaggio della speranza verso la Svezia e una deportazione, le attese infinite e poi, infine, l'arrivo in Danimarca con una storia familiare inventata come sola condizione per essere accettato in quanto rifugiato... Chi è veramente Amin? E come riuscirà a fare i conti con la sua storia familiare?
Jonas
Poher Rasmussen porta sullo schermo una storia difficile resa forse più
digeribile dall’animazione che conferisce, nonostante tutto, una certa “levità
favolistica” anche se non mancano le “durezze”, le asperità di un mondo, di una
terra, di uomini che non fanno sconti: il protagonista, incontrato dal regista
Rasmussen ai tempi dell’università, chiamato Amin, racconta non senza dolore la
sua vita che è quella di molti altri rifugiati di cui sentiamo parlare nei
libri, nelle interviste, dalle bocche di chi la tratta l’ha vissuta/subita.
Senza famiglia per molti anni – arrivato, dopo viaggi su viaggi, in una terra
sicura, ha detto alla polizia di essere rimasto solo al mondo -, si è portato
addosso l’essere rifugiato afghano, ciò che ha fatto e ciò che non ha fatto,
ciò che ha ricevuto in dono, la salvezza – il fratello ha deciso che sarebbe
stato lui, in quel momento, a compiere il viaggio della speranza. Ora, tutto è
rinchiuso nel suo passato che comunque torna e partecipa alla sua vita, è un
affermato accademico trentaseienne, abita, finalmente, felice, con il suo
fidanzato in Danimarca – un altro elemento importante nella sua esistenza è
stata la sua omosessualità, da lui cancellata, negata per molto tempo; non
voleva deludere la madre, i fratelli, lo zio. Flee si
svolge in un momento storico preciso (le ultime fasi del conflitto afgano alla fine
degli anni ’80) in cui per sopravvivere la fuga era necessaria. L’infanzia di
Amin è stata interrotta quando il conflitto ha costretto lui e la sua famiglia
a scappare dalla loro casa. Rasmussen coinvolge lo spettatore, saltando
nell’esistenza di quel ragazzino verso cui si prova rispetto, tenerezza,
amicizia in senso umano e totale, gli mostra la terra luminosa e piena di vita,
quella impaurita dai conflitti, gli incontri paurosi con la polizia russa, i
tentativi disperati di portare la famiglia in Europa, la scoperta di Amin della
propria omosessualità fin da bambino quando indossava i vestiti della sorella e
amava gli attori alla tv. Iniziamo a
conoscere la fragile madre del protagonista, i tre fratelli maggiori in una
Russia che non è sempre benevola nonostante sia l’unico luogo dove avrebbero
potuto trovare salvezza. Questa però è solo una soluzione temporanea, dovranno
fuggire anche da lì; i tentativi sono dolorosi, disumani, spezzano il cuore di
chi guarda. Lo spettatore partecipa umanamente e con sofferenza a ciò che
capita ad Amin; si tratta di un racconto pieno di intensità, tanto che spesso
per rendere più sopportabile il narrato Rasmussen inserisce delle immagini di
repertorio come per rendere più cronachistico ciò che si vede. Si comprende benissimo la paura che sente Amin, il peso
che porta addosso: teme di essere cancellato, teme di perdere tutto e di
non riavere più nulla, spesso ricorda quanta angoscia l’abbia colto in più di
un’occasione, quanti rimpianti e rimorsi lo colgano ancora. Deve sempre
dimostrare il suo valore, una responsabilità verso la sua famiglia,
un’ossessione per la sua carriera. Flee
è un film straordinario, umano e
complesso. Una piccola/grande storia ci apre a tutti quegli Amin che si
incontrano nella vita e verso cui si deve avere la stessa disponibilità
all’ascolto e all’abbraccio che si ha nei confronti del protagonista di questa
storia.