18 aprile 2023 LOVE LIFE
METTI UNA SERA AL CINEMA 33
LOVE LIFE
LOVE LIFE – regia di Koji Fukada
Genere Drama - durata 129 minuti
Taeko vive felicemente con il giovane sposo Jiro e il piccolo Keita, nato da una relazione precedente. Tutto ciò che desidera è l’approvazione di suo suocero, che stenta ad arrivare. Un incidente domestico riscrive però improvvisamente la vita di Taeko e di chi le sta vicino e determina il ritorno del padre biologico di Keita, Park, di cui la donna non aveva notizie da anni. Love Life ci restituisce un documento interessante sul Giappone contemporaneo, aprendoci le porte di realtà quotidiane poco viste e di personaggi “normali” che si ritrovano ad essere portatori di trasformazioni più grandi di loro.
Considerato uno dei maggiori autori del cinema giapponese contemporaneo
e già premiato a Cannes per Harmonium, Fukada firma un ritratto
di donna, una riflessione sull’imprevedibilità della vita che appassiona e
commuove.
Il
titolo del film, Love Life, è ispirato dalla
canzone omonima di Akiko Yano, una delle più celebri cantanti e musiciste
giapponesi, già collaboratrice tra gli altri di Ryūichi Sakamoto, Pat Metheny e
Peter Gabriel. “Ho sentito per la prima volta la canzone di Akiko Yano, Love Life, quando avevo
vent’anni e mi ha subito catturato. Avendola ascoltata più e più volte, ho
iniziato a pensare al modo migliore di tradurla in un film”, ha ricordato
Fukada. “Mi è venuta allora in mente questa storia, la storia di una coppia con
un bambino piccolo che non riesce a condividere il dolore di una perdita. Ci sono
molto modi di intendere le parole della canzone e una grande ispirazione per me
è stato il verso “Qualunque
sia la distanza tra di noi, niente può impedirmi di amarti”. Non
credo che sia la canzone ad essere al servizio del film, piuttosto il contrario”. La prima parte del film presenta una famiglia
che all’apparenza sembra felice. Tuttavia, diverse sono le tensioni interne che
presto vengono fuori. “Per me, una famiglia in cui tutti vivono vicini,
nonostante siano tutti in qualche modo soli, non ha alcun senso”, ha aggiunto
Fukada. “Non fa differenza se la struttura familiare è comune o insolita,
quello che conta è la capacità di comunicare. La coppia protagonista ha
impostato la propria vita in modo da trascorrere una diversa quantità di tempo
con il bambino e per questo motivo il loro dolore non viene condiviso in modo
paritario”.
Love Life, ruota intorno al personaggio di Taeko. A raccontare chi è Taeko
è lo stesso regista. “Taeko è una persona gentile, disposta a lavorare sodo per
gli altri e ad aiutare le persone bisognose. D'altra parte, la sua identità non
è fissata. Al di là dei suoi ruoli di moglie e madre e del suo lavoro, Taeko
non si prende il tempo necessario per esaminare chi sia la donna al centro di
tutto ciò. In altre parole, è una persona normale, di quelle che trovi ovunque.
La presenza di Park illumina la sua gentilezza nel tentativo di aiutare gli
altri, ma mostra anche la sua arroganza nell'assumere tale ruolo di
protettrice”. Taeko, è l’unica a capire
il linguaggio dei segni usato dall’ex marito sordo Park. “Il linguaggio dei
segni mi ha aperto a un'ampia varietà di idee visive e cinematografiche, ma ciò
che mi ha colpito in particolare è stato il fatto che chi lo usa presta una
grande attenzione alle espressioni facciali e ai movimenti delle mani”, ha
dichiarato Fukada. “Questo sembra ovvio,
ma si scontra con la tendenza che hanno le persone udenti, quando comunicano, a
distogliere lo sguardo dal viso dell'altro quanto più vi si avvicinano. Questo
pensiero ha portato alla frase nell'ultima scena: "Guardami". Credo
in ogni modo che la cosa più importante da sottolineare sia che rendere sordo
il personaggio di Park non è stata una scorciatoia per indicare che deve essere
compatito o che è puro e innocente. È semplicemente qualcosa di naturale, così
come lo è questa relazione che coinvolge tre esseri umani. Non devo trovare
ragioni per includere persone udenti nei miei film; quindi, sarebbe ingiusto
chiedere una ragione per includerne una sorda”. Park, oltre a essere sordo, è
anche coreano, un’origine che lo rende distante dal resto dei personaggi, tutti
giapponesi. “La distanza in sé è un elemento importante nel film e il fatto che
Park sia coreano non ha un significato più profondo di quello”.