5 aprile 2022 IL BUCO
METTI UNA SERA AL CINEMA 32
IL BUCO
IL BUCO
Genere:Drammatico Anno:2021 Regia:Michelangelo
Frammartino Attori:Leonardo Zaccaro, Jacopo Elia, Denise Trombin, Luca Vinai, Nicola Lanza, Mila Costi, Claudia Candusso, Giovanbattista Sauro, Federico Gregoretti, Carlos Josè Crespo, Enrico Troisi, Angelo Spadaro, Paolo Cossi, Antonio Lanza, Leonardo
Larocca Paese:Italia Durata:93 min Distribuzione:Lucky
Red Sceneggiatura:Michelangelo Frammartino, Giovanna
Giuliani Fotografia:Renato Berta Montaggio:Benni Atria Produzione:Doppio
Nodo Double Bind con Rai Cinema, in coproduzione con Société Parisienne de
Production, Essential Filmproduktion con il sostegno di MIC - Direzione
Generale Cinema, Eurimages, Calabria Film Commission, Regione Lazio, CNC - Aide
Aux Cinémas Du Monde, Arte France Cinéma, ZDF/ART, Medienboard Berlin
Brandenburg, Cinereach con la collaborazione e il patrocinio di Parco Nazionale
del Pollino, Comune di San Lorenzo Bellizzi e la Società italiana di
Speleologia
Il buco, il film diretto da Michelangelo Frammartino, è ambientato nel
corso degli anni '60 durante la forte crescita economica, quando viene
costruito nel florido nord Italia, l'edificio più alto d'Europa. Nel sud del
paese, nell'estate del 1961, un gruppo di giovani speleologi si reca in
missione sull'altopiano calabrese per esplorare il suo incontaminato
entroterra, visitando il sottosuolo di quel Meridione da cui tutti si stanno
allontanando.
Il gruppo fa un'incredibile scoperta: trova una delle grotte più profonde del mondo, l’Abisso del Bifurto dell'altopiano del Pollino, una grotta profonda 700 metri, sorvegliata da un vecchio pastore, unico custode di quel territorio ancora puro e inalterato. Il miracolo economico porta l'uomo verso le vette più alte, verso il cielo. Allo stesso tempo esplora la natura nei suoi abissi più profondi. Michelangelo Frammartino prosegue il suo affascinante viaggio nel regno naturale e minerale, eterno e indifferente alle sorti umane. Appassionante come un thriller, senza praticamente dialoghi, emoziona come un sogno magico, dal quale non vogliamo svegliarci. (Mauro Donzelli - Comingsoon.it) Il cinema del reale è una definizione con i suoi limiti, ma permette di includere lavori tradizionalmente esclusi dal genere documentario. Michelangelo Frammartino dimostra ne Il buco come si possa rimettere in scena un’avventura al confine fra i regni, animale e vegetale, con la potenza della verità, oltre che della realtà. Siamo nel 1961, all’apice del Miracolo economico vissuto dal nostro paese dopo gli sfaceli della Guerra. Milano è la locomotiva del boom, e inaugura in pompa magna l’edificio più alto d’Europa, il grattacielo Pirelli. Partiamo proprio da lì, dal profondo nord benestante, per spostarci poi dal punto più alto, nascosto nei cieli dalla nebbia e dall’inquinamento, fino alla parte opposta del paese, in Calabria, nelle profondità della terra. Un gruppo di entusiasti e giovani speleologi, infatti, giungono nell’altopiano calabrese del Pollino, immergendosi in una grotta appena scoperta, sopra l’abisso del Bifurto, che si rivelerà una delle più profonde al mondo, fino a quasi 700 metri. Una migrazione al contrario che consente uno sguardo inedito sul sud che tutti stavano abbandonando, ma soprattutto un nuovo capitolo dell’indagine di Frammartino sulla relazione fra gli spazi della natura e la presenza dell’uomo. Una sua passione fin dai suoi studi di architettura. Il buco conferma, a undici anni da Le quattro volte, la sua maestria nel coreografare il legame biunivoco fra natura e uomo, senza gli sterili accademismi autoreferenziali di molti suoi colleghi. La sua è una visione offerta con sincero entusiasmo alla condivisione, gioca con i tempi e le inquadrature in maniera da rendere Il buco appassionante e mai noioso.
Il gruppo fa un'incredibile scoperta: trova una delle grotte più profonde del mondo, l’Abisso del Bifurto dell'altopiano del Pollino, una grotta profonda 700 metri, sorvegliata da un vecchio pastore, unico custode di quel territorio ancora puro e inalterato. Il miracolo economico porta l'uomo verso le vette più alte, verso il cielo. Allo stesso tempo esplora la natura nei suoi abissi più profondi. Michelangelo Frammartino prosegue il suo affascinante viaggio nel regno naturale e minerale, eterno e indifferente alle sorti umane. Appassionante come un thriller, senza praticamente dialoghi, emoziona come un sogno magico, dal quale non vogliamo svegliarci. (Mauro Donzelli - Comingsoon.it) Il cinema del reale è una definizione con i suoi limiti, ma permette di includere lavori tradizionalmente esclusi dal genere documentario. Michelangelo Frammartino dimostra ne Il buco come si possa rimettere in scena un’avventura al confine fra i regni, animale e vegetale, con la potenza della verità, oltre che della realtà. Siamo nel 1961, all’apice del Miracolo economico vissuto dal nostro paese dopo gli sfaceli della Guerra. Milano è la locomotiva del boom, e inaugura in pompa magna l’edificio più alto d’Europa, il grattacielo Pirelli. Partiamo proprio da lì, dal profondo nord benestante, per spostarci poi dal punto più alto, nascosto nei cieli dalla nebbia e dall’inquinamento, fino alla parte opposta del paese, in Calabria, nelle profondità della terra. Un gruppo di entusiasti e giovani speleologi, infatti, giungono nell’altopiano calabrese del Pollino, immergendosi in una grotta appena scoperta, sopra l’abisso del Bifurto, che si rivelerà una delle più profonde al mondo, fino a quasi 700 metri. Una migrazione al contrario che consente uno sguardo inedito sul sud che tutti stavano abbandonando, ma soprattutto un nuovo capitolo dell’indagine di Frammartino sulla relazione fra gli spazi della natura e la presenza dell’uomo. Una sua passione fin dai suoi studi di architettura. Il buco conferma, a undici anni da Le quattro volte, la sua maestria nel coreografare il legame biunivoco fra natura e uomo, senza gli sterili accademismi autoreferenziali di molti suoi colleghi. La sua è una visione offerta con sincero entusiasmo alla condivisione, gioca con i tempi e le inquadrature in maniera da rendere Il buco appassionante e mai noioso.
Mentre seguiamo queste esplorazioni
di grande fascino, in cui il regista si è spinto anch’esso con la troupe a
grandi profondità, osserviamo anche i momenti liberi e conviviali della
spedizione, oltre alle giornate sempre uguali dei testimoni di una natura
ancora quasi incontaminata. In particolare quelle di un anziano pastore, raro
occupante di un universo di esseri umani che abitano in simbiosi con
quella natura.
Dopo il percorso di vita degli
alberi, Frammartino indaga il mondo minerale che c’è al di
sotto, regalando immagini memorabili dei paesaggi del Pollino, sostenuto da una
cura maniacale nella costruzione delle inquadrature. Sono
piccoli particolari pieni di inventiva e di sapienza registica a rendere
Il buco una vera immersione sensoriale. Da una porta che si
chiude e attutisce improvvisamente i rumori di una messa, alla vena che pulsa
sulla mano di un anziano, ma soprattutto una colonna sonora fatta di rumori
antichi che regala un’esperienza immersiva rara, sempre più giù nella
profondità di un territorio inesplorato.
Il ciclo della vita non scalfisce neanche
l’immutabilità indifferente eppure meravigliosa della natura. Il buco ce ne
regala uno sguardo, ci apre per un’ora e mezzo gli occhi su una delle infinte
risposte della Terra che mozzano il fiato ai goffi tentativi dell’uomo di
ambire all’assoluto. Per noi rimane però la socialità, bastano due tiri a un
pallone da calcio o prendersi cura di un anziano che sta per concludere il suo
ciclo.