17 gennaio 2023 LA DOPPIA VITA DI MADELEINE COLLINS
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LA DOPPIA VITA DI MADELEINE COLLINS
LA DOPPIA VITA DI MADELLEIN COLLINS – regia di Antoine Barraud
Genere Thriller - durata 102 minuti
Judith Fauvet, traduttrice per organizzazioni internazionali, divide la sua vita tra la Francia e la Svizzera, tra Judith e Margot, tra il marito borghese e il giovane compagno, tra due figli adolescenti e una bambina di pochi anni. Judith o Margot, gestisce tutto alla perfezione, i viaggi come le bugie, le telefonate segrete come gli eventi mondani. Ma un giorno qualcosa si inceppa e rivela i limiti della menzogna. Le due identità, accuratamente separate, mettono in crisi la sua unicità. Niente è come appare, nemmeno Judith, nemmeno Margot.
Se il titolo italiano riporta a certi drammi psicologici del
cinema classico, quello originale si limita a citare un nome e cognome,
identità anagrafica ma anche chiave di lettura per la storia.
Difficile parlare de La doppia vita di Madeleine Collins senza
cadere nella trappola degli spoiler. In casi come questi si rimpiange la
spettacolare, felina, tagliente capacità di sintesi di Morando Morandini, uno
che riassumeva la trama de La
donna che visse due volte così: “Scottie, investigatore di San
Francisco che soffre di acrofobia, sorveglia Madeleine, moglie con presunte
tendenze al suicidio di un ex compagno di scuola, e se ne innamora. Lei si
butta da un campanile. Lui va in depressione, ma qualche tempo dopo incontra
Judy che gli appare come la reincarnazione (degradata) di Madeleine”.
Non evochiamo a caso il capo
d’opera di Alfred Hitchcock, perché la protagonista del film di Antoine Barraud
si chiama Judith (sentite l’assonanza?) e, nascondendosi dietro gli impegni di
lavoro, si sdoppia (eh già) tra Svizzera, dove cresce una bambina con Abdel, e
Francia, in cui ha due figli con Melvil. In un turbinio di bugie, reticenze e
segreti durato anche troppo a lungo, la donna si ritrova incastrata nella sua
stessa macchinazione e messa all’angolo dalle persone a lei care. Ma allora chi
è Madeleine (proprio quel nome…)? E chi è la donna che, nel camerino di una
boutique, cade improvvisamente battendo la testa?
È un regista colto e
intrigante, Barraud, che crede nella sospensione dell’incredulità, incide nella
carne dei corpi in movimento per cercarvi dentro la sostanza di cui sono fatti
i fantasmi. Nel solco del maestro, scandaglia la mostruosità celata dalle
bionde glaciali dunque fatali, si mette dalla parte del torto perché ammaliato
dal percorso con cui si barrica nelle finte verità, ha fiducia nel cinema come
strumento per manipolare e dominare lo sguardo.
Semina indizi, allude e si nasconde: La
doppia vita di Madeleine Collins mette in scena le conseguenze
delle menzogne, accompagna lo spettatore in un labirinto che si svela sempre
più tortuoso, finge di aiutare nella composizione di un puzzle in cui mancano
le tessere giuste. È un thriller d’altri
tempi, certo un po’ confuso nella sua esecuzione in particolare nella seconda
parte, ma ambiguo e maliardo come la sua splendida protagonista, Virginie
Efira, tra le poche in grado di conciliare l’anima tormentata e degradata con
l’allure da femme fatale. Come indagine psicologica è avvincente, la tensione
resta a un livello piacevolmente vertiginoso e il finale mette in campo una
dimensione metatestuale sul potere dell’inganno