31 gennaio 2023 DANTE
METTI UNA SERA AL CINEMA 33
DANTE
DANTE – regia di Pupi Avati
Genere Biografico - durata 94 minuti
Il film vede Boccaccio impegnato nella stesura del "Trattatello in Laude di Dante" e, durante la scrittura, ripercorre la vita del padre della lingua italiana, soffermandosi sugli eventi che maggiormente hanno segnato la sua esistenza. È il 1321 quando Dante muore a Ravenna, lontano dalla sua patria, Firenze. Partendo da Firenze, diretto a Ravenna, il poeta del Decameron ripercorre parte del cammino fatto da Dante negli ultimi anni del suo esilio.
Durante il tragitto verso il monastero di Santo Stefano degli Ulivi, Boccaccio ha modo di incontrare diverse persone più o meno vicine a Dante, tra cui chi lo ha accolto durante l'esilio, chi, invece, lo ha allontano e, infine, la figlia del poeta. È in questo modo che il Boccaccio viene a conoscenza di maggiori dettagli della vita di Alighieri e riesce a ricostruire la sua esistenza e a narrare la storia del sommo poeta fino ai posteri.
31
GENNAIO - DANTE
– regia di Pupi
Avati
“…questi
fu quel Dante che a’ nostri seculi fu conceduto di speziale grazia da Dio;
questi fu quel Dante, il qual primo doveva al ritorno delle Muse, sbandite d’Italia,
aprir la via.” Così scriveva Giovanni Boccaccio nel suo “Trattatello in laude di
Dante”, una delle prime biografie sul poeta fiorentino. Come aveva già fatto
nel suo romanzo “L’alta Fantasia”, Pupi Avati si affida proprio al Boccaccio
per raccontare Dante, prendendo spunto dall’incarico, che nel 1350 gli fu
effettivamente affidato dalla Signoria di Firenze, di portare a Suor Beatrice,
figlia di Dante Alighieri, dieci fiorini d’oro in risarcimento dell’ingiusta
condanna a morte cha dal 1302 costrinse Dante a una vita in perenne fuga da una
corte all’altra e alla miseria fino alla morte avvenuta a Ravenna nel 1321.
Raccontare per immagini la vita di Dante senza rischiare d’imbarcarsi in
un’impresa monumentale e forse noiosa e retorica non era semplice ma Avati
risolve efficacemente attraverso il racconto del viaggio del Boccaccio e i suoi
incontri, forse veri o forse solo immaginati dal regista, con personaggi che
conobbero la vita del poeta prima e durante l’esilio e raccontano i momenti più
rilevanti della sua vita. Nel mettere in scena il viaggio di Giovanni, Avati ci
mostra un Medioevo sofferente per via della peste che in quegli anni decimò la
popolazione, ma le immagini non sono disturbanti, è troppo innamorato dei suoi
personaggi il regista e anche nella crudezza che mostra c’è poesia. Bravo
Alessandro Sperduti che interpreta il poeta da giovane e ne mostra la
sensibilità quasi infantile quando Beatrice (interpretata da Carlotta Gamba,
che merita il Paradiso) gli rivolge un saluto, l’unica volta che sentirà la sua
voce. A Sergio Castellitto è affidato il compito di interpretare Giovanni
Boccaccio e la scelta è ottima, la sua recitazione non è mai sopra le righe e
sarà difficile incontrare un altro Boccaccio così efficace. Un bel film, anche
coraggioso perché fuori dai canoni del cinema attuale. Non è un biopic e non è
neanche una narrazione patinata, è un modo efficace di raccontare tutta la
sofferenza che si nasconde dietro la poesia del poeta più grande di tutti.
Vederlo al cinema sarà per ciascuno un modo per tornare con la memoria tra i
banchi del liceo dove spesso però, come ha detto lo stesso Avati nella
conferenza stampa alla Casa del Cinema, Dante ce l’hanno fatto odiare. “ho
pensato che Dante meritasse di essere risarcito e riavvicinato alle persone” ha
detto il regista prima di passare la parola a Sergio Castellitto che dice: “Ce
l’hanno fatto studiare per forza, ma nessuno ci ha mai raccontato che era stato
cacciato, era un soldato ed era anche stato povero, che era uno di noi. Ma
Dante era anche un poeta, uno capace di entrare in un buco nero e tirar fuori
una pepita d’oro”. Quando si chiede al regista come mai in Italia si fanno in
prevalenza film-commedia risponde così: “Non è una cosa che riguarda solo il
cinema, ma in particolare è l’Italia che si è privata di ogni ambizione. Ormai
nessuno ne ha più e se fa una cosa dice di avere anche un piano b. Ora chi ha
il piano b alla fine si ritrova a fare quello. Io Invece ho impiegato vent’anni
a fare questo film e ciò dimostra che i sogni sono possibili anche se oggi non
ci crede più nessuno”.