20 febbraio 2024 L'ULTIMA LUNA DI SETTEMBRE
METTI UNA SERA AL CINEMA 34
THE QUIET GIRL
L’ULTIMA
LUNA DI SETTEMBRE
Regia
di Amarsaikhan Baljinnyam. Genere Drammatico – MONGOLIA durata 90 minuti.
Tulgaa
è da tempo andato a vivere in città lasciando il villaggio nella campagna della
Mongolia. Una telefonata lo avverte che il patrigno sta per morire e lui lo
raggiunge. Dopo il decesso mantiene la promessa fattagli di portare a termine
il lavoro di fienagione. Nei campi lo raggiungerà Tuntuulei, un ragazzino
decenne che vive con i nonni. I due, poco a poco, impareranno a conoscersi. Amarsaikhan Baljinnyam,
alla sua opera prima, offre l'occasione di conoscere nel profondo un mondo che
raramente compare sui nostri schermi. Lo fa a partire da un romanzo di T.
Bum-Erden scrivendo la sceneggiatura, dirigendo e interpretando il ruolo di
Tulgaa avendo alle spalle una consolidata carriera di attore. Ha fatto così
totalmente propria questa storia che chiede allo spettatore una disponibilità
che poi sa ricompensare. Domanda cioè a chi guarda di dimenticare i ritmi e i
tempi della narrazione cinematografica occidentale per lasciarsi immergere in
un'area antropogeografica in cui la dimensione temporale assume modalità
profondamente diverse. È in fondo ciò che deve fare il protagonista nel momento
in cui lascia la città (scopriremo verso la fine del film qual è la sua
professione) per ritrovare nella yurta in cui è cresciuto (e nello spazio
sconfinato in cui è immersa) un modo di vivere (e di morire) che forse aveva
pensato di potersi lasciare per sempre alle spalle. È un luogo in cui bisogna
stare in piedi su un cavallo in cima a una collina per poter sperare di avere
abbastanza campo per fare una telefonata così come le abitazioni sono davvero
distanti le une dalle altre. Questo lascia ampi margini di solitudine che è poi
la dimensione in cui Tulga si immerge per portare a termine il lavoro iniziato
dal patrigno. Si tratta però di una solitudine di breve durata perché di lì a
poco l'arrivo di Tuntuulei cambierà profondamente non solo i ritmi della sua
giornata ma anche il suo modo di guardare agli altri. Il ragazzino nasconde,
dietro alla vivacità e anche a quel tanto di sfrontatezza che esibisce, una
serie di sofferenze che cerca di esorcizzare raccontando, in primis a se
stesso, una realtà immaginaria. Baljinnyam, grazie a questi due personaggi,
riesce a mostrare la propria terra e le sue radici culturali ma anche a
riflettere sul tema della genitorialità.